Convegno SISCALT 2018 “Ripensare i fascismi” – Resoconto
RESOCONTO
CONVEGNO INTERNAZIONALE SISCALT 2018
INTERNATIONALE SISCALT-TAGUNG 2018
Ripensare i fascismi
Neue Analysen zu Faschismus und Nationalsozialismus
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22 – 24 novembre 2018
Libera Università di Bolzano – Freie Universität Bozen
Aula / Hörsaal: D1.02
Piazza Università 1, / Universitätsplatz 1
Bolzano/ Bozen
Con il sostegno di / mit der Unterstützung von:
Provincia Autonoma di Bolzano Alto Adige / Autonome Provinz Bozen Südtirol
Città di Bolzano / Stadt Bozen
Il settimo Convegno internazionale SISCALT, svoltosi dal 22 al 24 novembre 2018 presso la Libera Università di Bolzano, ha avuto come oggetto di confronto e dibattito il tema “Ripensare i fascismi”. Il convegno, organizzato in collaborazione con il Centro di Competenza Storia regionale e con il sostegno della Provincia Autonoma di Bolzano e della Città di Bolzano, ha visto un’attiva e viva partecipazione degli enti locali, tra i quali il sindaco della città di Bolzano, Renzo Caramaschi, che ha aperto i lavori del convegno nella giornata inaugurale. I lavori sono stati divisi in tre sessioni, ognuna delle quali ha affrontato il tema del convegno da una specifica angolazione: storiografica, storico-architettonica, sociale-politologica. Il convegno è stato volutamente orientato verso un approccio interdisciplinare che permettesse il dialogo tra differenti linee di ricerca non solo sul piano sincronico, ma anche e soprattutto sul piano diacronico. Difatti, altro elemento costitutivo del convegno SISCALT 2018 è stato il continuo confronto con la contemporaneità politica-sociale europea; questo per poter contestualizzare e definire quei fenomeni e quei soggetti politici contemporanei che sono accostati ai partiti fascisti del ‘900.
Ad aprire il convegno è stato il Rettore della Libera Università di Bolzano, Paolo Lugli, seguito dal sindaco della città di Bolzano, Renzo Caramaschi, per i saluti istituzionali. Hanno fatto seguito, poi, i saluti di Andrea Di Michele (Centro di Competenza Storia regionale – Libera Università di Bolzano) in qualità di responsabile organizzativo e del presidente della SISCALT Andrea D’Onofrio (Università degli Studi di Napoli Federico II), che hanno dato il benvenuto a tutti i partecipanti.
I lavori si sono aperti con la relazione introduttiva di Wolfgang Schieder (Universität zu Köln) dal titolo “I fascismi nella storiografia internazionale”. La relazione ha avuto l’obiettivo e il pregio di compiere una disamina della storiografia sui fascismi dal dopoguerra fino alla contemporaneità in un’ottica transnazionale, mettendo, cioè, in evidenza le diverse prospettive maturate nel panorama storiografico internazionale nel corso del tempo sul fascismo e nazionalsocialimo. Non è passata inosservata la sensibilità storica di Schieder nel saper indicare quegli elementi che, riportati all’attenzione della storiografia internazionale con l’apertura di nuovi filoni di ricerca, hanno portato a “ripensare i fascismi”.
La I sessione dal titolo “Fascismi e storiografie contemporanee” è stata aperta e moderata da Oswald Überegger (Centro di Competenza Storia regionale – Libera Università di Bolzano) e Camilla Poesio (Università Ca’ Foscari Venezia) e ha visto come primo intervento la relazione di Paul Corner (Università degli Studi di Siena) dal titolo “Top-down o bottom-up? Sulle diverse facce di una società fascista”. La relazione si è volutamente incuneata tra le maglie della questione del “consenso totalitario”, andando da un lato a de-costruire la visione manichea di consenso/dissenso per la società italiana sotto il fascismo e, dall’altro lato, proponendo un’interpretazione del rapporto tra regime e società più articolata, che faccia del concetto di agency il suo punto di svolta. Non più, dunque, soggetti eminentemente attivi o passivi, ma persone e gruppi che alla penetrazione dell’ideologia fascista dall’alto opposero una capacità di adattamento volta a difendere quegli spazi di individualità dalla tracotanza totalitaria ritagliandosi anche propri ambienti di iniziativa personale. A questa visione dal basso (bottom-up) si affianca lo studio della penetrazione dall’alto dell’ideologia e delle strutture del regime (top-down), mettendo in luce non solo le pratiche di adesione, ma soprattutto le capacità coercitive e quella violenza di Stato di cui il regime fece uso per tutto il ventennio.
Successivamente, ha preso la parola Arnd Bauerkämper (Freie Universität Berlin) con una relazione dal titolo “La storiografia tedesca sul nazionalsocialismo nel contesto storiografico transnazionale”. Bauerkämper, attraverso una notevole capacità di schematizzazione logica del discorso storico, ha delineato le chiavi di lettura storiografiche del nazionalsocialismo in Germania dal dopoguerra fino ai nostri giorni, mettendo in luce come l’alternarsi delle diverse letture del fenomeno storico siano state favorite dal confronto con posizioni storiografiche maturate anche all’estero.
L’ultima relazione della mattinata è stata quella di Simona Colarizi (Sapienza Università di Roma) dal titolo “Continuità e revisioni nella storiografia italiana sul fascismo”. In questo studio Colarizi ha affrontato minuziosamente le diverse fasi che hanno segnato la storiografia italiana sul fascismo. L’indiscusso fattore di novità è stato quello di usare la figura di Renzo De Felice come punto di osservazione delle diverse stagioni della storiografia italiana. La svolta rappresentata dalla business history o dalla nuova storia culturale è stata soppesata in parte dal modo in cui questi filoni d’indagine si sono rapportati con il monumentale studio di De Felice e dal modo in cui ne hanno preservato l’eredità e ampliato i margini. La disamina di Colarizi non si è, però, chiusa in un’analisi unicamente storiografica, ma ha affrontato la dialettica che è intercorsa – e intercorre tutt’oggi – tra la storiografia italiana e le diverse stagioni politiche del Paese. In modo particolare, le osservazioni della studiosa hanno evidenziato come anche l’azione politica abbia, indirettamente o direttamente, condizionato il lavoro degli storici favorendo, in un caso, il ripensamento di alcune posizioni storiografiche di fronte al mutare del contesto politico, in un altro caso, invece, spingendo verso la riscrittura dell’esperienza del fascismo e dell’antifascismo in Italia.
La II sessione, svoltasi il giorno 23 novembre, dal titolo “Fascismi di pietra”, si è invece soffermata sull’eredità architettonica del fascismo e del nazionalsocialismo e sui fattori di continuità e discontinuità che questa architettura ha rappresentato.
I lavori, moderati da Roberto Farneti (Libera Università di Bolzano), sono iniziati con la relazione di Paolo Nicoloso (Università di Trieste) sulle “Tracce architettoniche e monumentali fasciste nell’Italia repubblicana”. Attraverso l’utilizzo di materiale audiovisivo, Nicoloso ha mostrato, spiegato e contestualizzato alcune delle più rappresentative opere architettoniche del regime fascista, soffermandosi poi sulle vicende occorse a tali strutture nel dopoguerra. Centro del discorso di Nicoloso è stato quello di illustrare visivamente la “continuità” di molti di questi edifici che, dopo essere stati l’espressione ricercata del potere fascista, sono stati sfruttati successivamente da quella “discontinuità” che è la Repubblica italiana. Un rapporto né lineare né chiaro, come testimoniano le azioni di rifacimento, se non proprio di abbattimento, subite da alcuni di questi edifici. Un rapporto, infine, che non vive solo nella pietra, ma anche nei protagonisti di queste vicende come Marcello Piacentini, che, uscito sostanzialmente illeso dalla caduta del regime fascista, riuscì a ricoprire incarichi nella neonata Repubblica, arrivando a completare opere iniziate sotto il fascismo.
La relazione di Andrea Di Michele (Libera Università di Bolzano) “Storicizzare i monumenti fascisti. Il caso di Bolzano” si è invece soffermata sulla vicenda del Monumento alla Vittoria ubicato a Bolzano. L’analisi ne ha spiegato le ragioni storiche di costruzione, che rientrano nella politica di italianizzazione dell’Alto Adige, nell’appropriazione del mito della grande guerra e, in ultimo, in ragioni di politica estera. A questo primo esame è seguita una riflessione sulla contestualizzazione del monumento a seguito della caduta del regime fascista in un momento, quello del dopoguerra, di forti tensioni sociali e politiche nell’Alto Adige. La relazione ha avuto un forte impianto propositivo, cioè non tesa solo a descrivere le alterne vicende del monumento come simbolo e centro di imputazione di diverse linee politiche, ma a individuarlo anzi come punto di raccordo della storia della città di Bolzano nella sua diversità. Si è infatti illustrato quanto si è fatto per preservare il monumento senza snaturarne la natura e il contesto da cui esso proviene dimostrando, viceversa, come si possa agire in maniera non invasiva per inserire tale opera nel nuovo contesto cittadino. Tutto ciò non si è tradotto in un mero restauro, ma nella creazione di un percorso visuale/museale mediante l’istallazione di pannelli descrittivi, luci e foto che permettano letture multiple del monumento.
Di segno simile è stata la relazione “Le tracce monumentali del nazionalsocialismo nella Germania del XXI secolo” di Lutz Klinkhammer (Istituto Storico Germanico Roma), il quale ha posto l’attenzione sulla storia e le varie destinazioni d’uso avute del Reichluftfahrtministerium, costruito nel 1935 come sede del Ministero dell’Aeronautica e ora sede del Ministero delle Finanze. Parimenti interessante è stata l’analisi fatta da Klinkhammer per le strutture monumentali costruite dal regime nazionalsocialista a Norimberga, discorrendo sulle modalità di gestione della memoria di quei luoghi negli anni passati e quali siano i progetti di valorizzazione sia storica che sociale per quelle aree della città. In modo particolare si è illustrata la storia, lo stato attuale e i progetti di preservazione e riqualificazione del Reichsparteitagsgelände, il centro dei raduni del Partito Nazionalsocialista a Norimberga, fatto costruire su progetto di Speer tra il 1933 e il 1938, ma mai portato definitivamente a termine. La relazione si è conclusa con un confronto inevitabile con le politiche di gestione e riutilizzo nell’attuale Repubblica Federale Tedesca degli edifici pubblici costruiti durante il periodo della DDR.
L’ultimo intervento della mattinata è stato quello di Thomas Schlemmer (Institut für Zeitgeschichte München – Berlin) “Idillio e terrore. L’Obersalzberg come sede secondaria del governo di Hitler”, in cui si è mostrato quel processo che ha portato nell’arco di meno di un decennio il Berghof e l’area circostante ad essere una vera e propria sede governativa con caserme, luoghi di incontro, edifici per l’amministrazione. Anche nella parte finale dell’esposizione di Schlemmer l’accento è ricaduto sulla valorizzazione del Berghof come luogo di interesse storico nella sua globalità e, come nelle altre relazioni della giornata, sulle linee d’intervento per preservare il sito storico e renderlo contestualmente fruibile per tutti coloro che lo visiteranno anche nella sua attuale funzione di Centro di documentazione legato all’Institut für Zeitgeschichte.
La sezione della mattinata sui “fascismi di pietra” si è conclusa con una visita al Monumento della Vittoria guidata da Andrea Di Michele.
Il pomeriggio del 23 novembre si è caratterizzato per la tavola rotonda “La memoria del fascismo e del nazionalsocialismo: interventi normativi, posizioni storiografiche e dibattito pubblico”, moderata da Fiammetta Balestracci (Queen Mary University of London – DHI Rom) con gli interventi di Giulia Albanese (Università di Padova), Tullia Catalan (Università di Trieste), Christoph Cornelißen (Goethe-Universität Frankfurt – FBK/ISIG), Filippo Focardi (Università di Padova). Gli interventi hanno affrontato e poi aperto al dibattito diverse questioni attinenti al fare storia del fascismo oggi. Si è dunque parlato delle modalità di rapporto della società tedesca con la storia del nazionalsocialismo, in riferimento anche con gli approcci storiografici e le politiche memoriali con Cornelißen, della «defascistizzazione retroattiva del fascismo» con Focardi, del connubio tra fascismo e razzismo visto come storia di confine a Trieste con Catalan, del problema della gestione della “memoria del fascismo” attraverso musei, centri di documentazione e soprattutto luoghi iconici del regime con Giulia Albanese.
Alla conclusione della tavola rotonda è seguita la proclamazione del vincitore del Premio SISCALT Lorenzo Riberi 2018, assegnato a Massimo Ferrari Zumbini per il volume Le immagini della nazione. Nazionalismo e arti visive in Germania 1813-1913 (Istituto Italiano Studi Germanici 2016). La giornata di venerdì si è conclusa con l’Assemblea Soci SISCALT e la cena sociale.
La giornata finale del 24 novembre si è aperta con i lavori della III sessione recante il titolo “Fascismo oggi” moderata da Stefano Cavazza (Università di Bologna). I lavori e le relazioni esposte nella mattinata hanno aperto il dibattito ad approfondimenti politologici, che hanno permesso di contestualizzare la situazione presente europea e globale.
La parola è stata affidata per prima a Roger Griffin (Oxford Brookes University) con la relazione “Sempre Presente?” The relevance of the concept fascism to understanding contemporary socio-political realities. L’obiettivo espositivo di Roger Griffin è stato quello di tentare di individuare alcuni punti fermi per una definizione teorica del fascismo, con la quale, poi, poter analizzare i fenomeni politici odierni che si richiamano o sono accostati a quell’esperienza. Pur riconoscendo l’intrinseca importanza dei vari casi-studio che compongono oggi il variegato mondo della storiografia sui fascismi, Peter Griffin ha lanciato agli storici presenti l’invito a non dimenticare il piano concettuale, affinché si crei un terreno comune su cui poter dialogare ad un livello storiografico internazionale e, soprattutto, per costruire un bagaglio concettuale con il quale inquadrare meglio i singoli fenomeni studiati .
“Ascesa e declino del neofascismo in Italia” è stato il titolo della relazione di Piero Ignazi (Università di Bologna), che ha ripercorso la storia del MSI. Nel discorso di Ignazi è stato messo in evidenza come, già prima della “de-radicalizzazione” degli anni ’80. il MSI, partecipando alla vita parlamentare italiana, abbia implicitamente accettato di riconoscere la Repubblica e, innanzitutto, ne abbia introiettato inconsapevolmente prassi democratiche che hanno coesistito con la natura eversiva del movimento. A queste riflessioni sono seguite quelle riguardanti la trasformazione avvenuta tra gli anni ‘90 e inizio 2000 in relazione al coinvolgimento del partito in compagini governative.
Silvia Bolgherini (Università degli Studi di Napoli Federico II) ha invece discusso della crescita politica del partito tedesco Alternative für Deutschland nel suo intervento “Destra radicale, protesta e euroscetticismo in Germania: Alternative für Deutschland”. Attraverso una serie di grafici e modelli, Bolgherini ha illustrato la storia elettorale di questo partito nell’ultimo decennio considerando il suo andamento in riferimento alle differenti tornate elettorali (statali, regionali – dei Länder – e amministrative). L’analisi politica è stata affiancata da un’analisi sociale dell’elettorato di Alternative für Deutschland, che ne ha messo in evidenza, per esempio, la precedente provenienza politica, lo status sociale, il livello d’istruzione.
L’ultima relazione della sessione è stata “L‘estrema destra e l‘idea d‘Europa. Un internazionalismo nazionalista” di Matteo Albanese (Universidade de Lisboa), in cui sono stati delineati i rapporti intercorsi tra i vari partiti e movimenti politici di estrema destra in Europa dal dopoguerra fino ai nostri giorni. Albanese, nel tracciare questo complessa rete di relazioni, ha sottolineato come molte forze di estrema destra condividano una propria idea di Europa che coesiste in molti casi con una retorica nazionalistica.
La IV ed ultima sessione del convegno “Nuove ricerche su fascismo, nazionalsocialismo e austrofascismo” ha visto protagonisti giovani ricercatori, dottorandi e studenti con lavori in corso di ricerca o già completati. Con la moderazione di Andrea D’Onofrio, Arnd Bauerkämper, Christoph Cornelißen, Lutz Klinkhammer, Filippo Focardi, Brunello Mantelli (Università della Calabria) hanno discusso i seguenti progetti:
David Bernardini (Dottore di ricerca, Università degli Studi di Teramo), “Hitler, il «gendarme dell’Occidente?» Nazionalsocialismo e fascismo nella critica del nazionalboscevismo tedesco (1929-1933)”; Jacopo Calussi (Dottore di ricerca, Università degli Studi di Roma Tre), “Il fascismo repubblicano in provincia: continuità e discontinuità nel governo locale e nella violenza politica durante l’occupazione nazista e la guerra civile”; Luca Fenoglio (Postdoc, Leverhulme Early Career Fellow, Stanley Burton Centre for Holocaust and Genocide Studies, University of Leciester), ‘A head for a tooth’: Violence in Fascist Italy’s Path to a Mediterranean Empire; Fabio Ferrarini (Dottorando, Università degli Studi di Milano) Italiani e tedeschi alla conquista culturale del «Grande Nord»; Sarah Lias Ceide (Dottoranda, Università degli Studi di Napoli Federico II), ODEUM Roma – I servizi segreti postbellici italiani e tedeschi come forma di sopravvivenza di elementi nazionalsocialisti e fascisti?; Manuela Pacillo (Laureanda magistrale in Scienze storiche, Università degli Studi di Napoli Federico II) Ripensare al nazionalsocialismo attraverso il processo di Norimberga; Daniele Toro (Dottorando, Bielefeld Graduate School in History and Sociology) Die faschistiche Verflechtung: Transnationale radikalnationalistiche Netzwerke zwischen Deutschland, Österreich und Italien 1918-1934.
Al termine del panel giovani, il presidente della SISCALT ha chiuso i lavori del convegno ringraziando tutti i partecipanti, i relatori e lo staff organizzativo della Libera Università di Bolzano e del Centro di Competenza Storia regionale, augurandosi che le interessanti relazioni e gli stimolanti interventi del convegno possano trovare spazio in una pubblicazione.
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Dario Salvatore (Università degli Studi di Salerno)
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