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Il BND tra mito e commissione storica

11 maggio 2018 No Comment

IL BND TRA MITO E COMMISSIONE STORICA*

 

Nel 1962 l’artista sovietico Alexander Zhitomirsky realizzò l’opera, The spy Reinhard Gehlen. Si tratta di un collage su sfondo giallo acceso che rappresenta la sagoma di un uomo con un impermeabile classico e un cappello, il cui corpo è costituito da un insieme di attrezzi spionistici e armi in bianco e nero.[1] L’opera di Zhitomirsky costituisce una testimonianza di un processo che ha avuto inizio nel 1945: il costituirsi del “mito Reinhard Gehlen”. Importante tappa di questo processo di mitizzazione fu nel 1971 la pubblicazione delle memorie di Gehlen, intitolate Der Dienst, che divennero allo stesso tempo la massima espressione del mito di fondazione del Bundesnachrichtendienst (BND), il servizio segreto federale tedesco per l’estero.[2]

La storia dell’odierno servizio segreto estero della Germania e del suo fondatore, l’ex generale nazista Reinhard Gehlen, ha suscitato da tempo l’interesse degli storici tedeschi e stranieri. Se la storiografia ha iniziato a interessarsi del BND e dell’organismo che lo precedette, l’ “Organisation Gehlen“, già a partire dai primi anni Settanta, un attento e metodico esame critico del loro mito e di quello del loro “padre fondatore” risale solamente agli ultimi decenni. Attraverso studi sempre più approfonditi su questo “terreno vergine”, la ricerca s’è posta una serie di domande circa Reinhard Gehlen, battezzato dalla stampa “l’uomo senza volto”, e la sua collaborazione con i servizi segreti statunitensi a partire dal ’45, che avrebbe visto un lungo e travagliato legame con la CIA e avrebbe infine portato alla nascita del BND nel 1956. Ricca di particolari intriganti e controversi, nel corso degli ultimi decenni la storia del servizio segreto estero tedesco è stata raccontata in una serie di versioni diverse e contrastanti fra loro. La loro analisi comporta per lo storico innanzi tutto il difficile compito di distinguere la realtà dal mito. La tentazione di cadere nella “trappola” della leggenda gehleniana, raccontata nella sua autobiografia Der Dienst, ad esempio, accogliendo il mito come dato di fatto, è un “pericolo” onnipresente per chi sceglie di confrontarsi su un piano scientifico con la storia del BND e dell’Organisation Gehlen. Un esempio in tal senso può essere individuato in Spy of the Century (“Spia del secolo”), un libro pubblicato nel 1971 da Edward Spiro, ex membro dei servizi segreti britannici, sotto lo pseudonimo E.H. Cookridge. Nel testo di Spiro Gehlen sembra trasformarsi in una sorta di “super-spia”.[3] L’esempio della pubblicazione di Spiro riesce a far emergere un primo e fondamentale ostacolo che si incontra nello scrivere la storia di un servizio segreto: il problema dell’affidabilità delle fonti e le difficoltà della loro disponibilità e reperibilità.

Soltanto recentemente, a partire dal 2011, ad opera di una commissione indipendente di storici tedeschi, l’UHK (Unabhängige Historikerkommission zur Erforschung der Geschichte des Bundesnachrichtendienstes 1945-1968), sono stati resi pubblici per la prima volta quei contenuti degli archivi del BND che rendono possibile una ricostruzione storica accurata del processo di fondazione del servizio segreto federale tedesco e della storia di Gehlen. L’UHK è stata istituita da parte dello stesso BND per fare finalmente luce sull’ambiguo passato del servizio segreto, soprattutto in riferimento all’ “era Gehlen”. È da notare, tuttavia, che l’UHK si inserisce in un quadro più ampio di una lunga serie di commissioni storiche create negli ultimi decenni in Germania e legate a varie istituzioni, politiche, economiche, scientifiche e culturali tedesco-federali, con un passato più o meno “oscuro” sul quale fare luce. Quella delle commissioni storiche e istituzionali è diventata dunque una prassi ormai usuale nella Repubblica Federale Tedesca.[4]

Ma, come è ovvio, l’indipendenza scientifica dell’UHK potrebbe essere messa in dubbio se si considera che essa non solo è stata istituita dall’ente, la cui storia la commissione ha avuto il compito di analizzare criticamente, ma anche che il materiale, su cui si basano le sue pubblicazioni, proviene spesso esclusivamente dagli archivi del BND; e, come è facile immaginare, i documenti di un servizio segreto non sono quasi mai di natura limpida e trasparente e risultano difficilmente oggettive – ancor più se costituiscono l’unica fonte a disposizione dello storico.

Tuttavia il lavoro dell’UHK, il cui nucleo è formato da importanti studiosi della storia contemporanea tedesca come Jost Dülffer, Wolfgang Krieger e Rolf-Dieter Müller, rientra perfettamente nel quadro dell’attuale “politica della trasparenza” del BND. Il servizio segreto, che fino a poco fa si era circondato di un silenzio impenetrabile e di totale segretezza, ha ora allestito un sito internet moderno e fedele allo spirito dei tempi, con annunci di lavoro, una “time line” storica sul passato dell’organismo e un design volto a una maggiore comunicazione con il pubblico.[5] Illuminante a tal proposito risulta la seguente dichiarazione dell’ex presidente del BND, Gerhard Schindler, nel 2013:

 

«Wir brauchen mehr Transparenz, nicht als Selbstzweck, sondern als Voraussetzung für eine breitere Vertrauensbasis in der Gesellschaft. […] Wir müssen selbstkritisch feststellen, dass es uns bislang offensichtlich nicht gelungen ist, die Grundlagen, die Art und Weise und den Zweck unserer Tätigkeit hinreichend in die Gesellschaft hinein zu vermitteln. Unser Ziel, mein Ziel, muss es daher sein, den BND durch mehr Transparenz als das zu zeigen, was er ist, nämlich als modernen Dienstleister, der […] täglich auf hohem Niveau Hintergrundberichterstattung für die Entscheidungsträger in Regierung und Parlament liefert. Ich weiß, mehr Transparenz ist eine Herausforderung für einen Nachrichtendienst, aber ich bin mir sicher, sie ist möglich.

[…] Transparenz ist also das Gebot der Stunde.»[6]

 

Se la sempre ripetuta parola “segretezza” sembrava quindi costituire lo slogan dell’era Gehlen, oggi il vocabolo “trasparenza” appare il “manifesto” di quello sforzo di apertura e di costruzione di una nuova immagine di sé che il BND sta cercando di portare avanti. Vanno inseriti su questa scia vari interventi e provvedimenti messi in atto da parte del servizio segreto federale, come ad esempio l’istituzione di una sala di lettura nella centrale di Pullach, dove dietro richiesta possono essere consultati i documenti d’archivio, così come una più generale apertura degli archivi sul modello del Freedom of Information Act statunitense. Come ha però giustamente riconosciuto Schindler nel 2013, un simile processo del BND verso la trasparenza può difficilmente dirsi concluso senza il “recupero” sul piano storico di un confronto, da parte tanto dello stesso servizio segreto, quanto della società tedesca nella sua totalità, con la primissima fase dell’organismo gehleniano e i suoi legami con gli USA.

In questo senso l’UHK  potrebbe, nonostante delle critiche legittime, essere la miglior cosa che il servizio segreto tedesco abbia fatto nel corso dell’ultimo decennio nel fare i conti con il proprio passato. Impiegare degli storici qualificati per rivedere la propria storia, renderla pubblica e stimolare una nuova e più vasta discussione storico-politica attorno al BND e agli anni della sua fondazione non farà sicuramente scomparire i “fantasmi” di quest’ultimo, ma potrà senz’altro contribuire a far superare finalmente a questo organismo la soglia del “passato” senza più avvertire l’eccessiva necessità di giustificazione.

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Sarah Anna-Maria Lias Ceide (Università degli Studi di Napoli Federico II)

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* L’articolo nasce da una riflessione a partire da un tema di ricerca dell’autrice, già affrontato nella sua tesi di laurea magistrale, Reinhard Gehlen e la nascita del BND. Mito e realtà di un servizio segreto fra fine del Terzo Reich e guerra fredda, per il Corso di Studi in Scienze Storiche del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, discussa il 16 febbraio 2018.

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[1]«The spy Reinhard Gehlen», Alexander Zhitomirsky, 1962, in PAHL M./PIEKEN G./ROGG M., Achtung Spione! Geheimdienste in Deutschland von 1945 bis 1956, Sandstein, Dresden, 2016, p. 26.

[2]GEHLEN R., Der Dienst, Hase&Koehler (1° edizione), Mainz, 1971. Il testo è stato pubblicato in versione italiana nel 1973, tradotto da Vittorio Ghinelli sulla versione inglese eseguita da David Irving, con due titoli diversi e due diversi editori: Le memorie del generale Gehlen, Club degli Editori, Milano, 1973 – Servizio segreto, A. Mondadori, Milano, 1973.

[3]COOKRIDGE E.H., Spy of the Century, Random House, New York, 1972.

[4]Si veda a tal proposito FONZI P., Commissioni storiche e istituzioni nella BRD, 2012 sul sito SISCALT, URL <http://www.siscalt.it/ita/commissioni-storiche-e-istituzioni-nella-brd/ > (consultato il 05/03/2018).

Da segnalare anche la recensione di D’ONOFRIO A., L’Armadio blindato della vergogna. L’Archivio del Ministero degli Esteri, 2012, di un articolo sulla commissione storica indipendente convocata dal Ministero degli Esteri tedesco sul sito SISCALT, URL <http://www.siscalt.it/ita/armadio-blindato-della-vergogna-l%E2%80%99archivio-del-ministero-degli-esteri/ > (consultato il 05/03/2018).

[5]BND Home, URL <http://www.bnd.bund.de/DE/_Home/home_node.html > (consultato il 04/03/2018).

[6]SCHINDLER G., Grußworte, in  DÜLFFER J./HENKE K.D./KRIEGER W./MÜLLER R.D. (a cura di), Die Geschichte der Organisation Gehlen und des BND 1945-1968: Umrisse und Einblicke. Dokumentation der Tagung am 2. Dezember 2013, pp. 14-15, qui p. 14.

«Abbiamo bisogno di più trasparenza, non a scopo nostro, ma come presupposto per la creazione di una più larga base di fiducia nella società. Dobbiamo riconoscere, auto-criticamente, che finora sembrerebbe che non siamo riusciti a comunicare alla società le fondamenta, il modus operandi e lo scopo della nostra attività. Il nostro fine, il mio fine, deve essere perciò quello di mostrare il BND, attraverso una maggiore trasparenza, per quello che è, ovvero un organismo statale moderno che fornisce quotidianamente rapporti d’informazione di alto livello ai detentori del potere decisionale di governo e parlamento. Lo so, più trasparenza costituisce una sfida per un servizio segreto, ma sono sicuro che sia possibile. La trasparenza è la parola d’ordine quest’oggi.» (Traduzione mia).

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