Resoconto Convegno SISCALT 2013
Si riporta di seguito il resoconto della nostra socia Laura Di Fabio sul Convegno SISCALT del 2013, di cui nei prossimi mesi sarà pubblicata una rassegna in “Italia Contemporanea” a cura di Filippo Triola.
CONVEGNO SISCALT 2013
La storia contemporanea tedesca: aspetti della ricerca
dalla prospettiva italiana
Deutsche Geschichte des 19. und 20. Jahrhunderts:
Aspekte der Forschung aus italienischer Perspektive
12-13 dicembre 2013
Deutsches Historisches Institut / Istituto Storico Germanico, Roma
La SISCALT ha dedicato il convegno del 12 e 13 dicembre 2013 per approfondire gli aspetti della ricerca italiana sulla storia contemporanea tedesca. Questo secondo incontro annuale della società dall’anno della sua nascita – il 2011 – ha rappresentato un’occasione importante di discussione e scambio scientifico tra Italia e Germania. Le due mezze giornate sono state pensate per analizzare gli sguardi della storiografia italiana e tedesca sulla storia tedesca dell’Ottocento e del Novecento.
Andrea D’Onofrio (Università degli Studi di Napoli Federico II) – presidente della SISCALT – insieme a Fiammetta Balestracci (Johannes Gutenberg–Universität Mainz) e Lutz Klinkhammer (Istituto Storico Germanico Roma) introducono la due giorni dopo i saluti cordiali del direttore dell’Istituto Storico Germanico di Roma Martin Baumeister. Tra i temi d’apertura si pone l’accento sull’evoluzione del dibattito storiografico italiano e tedesco sulla Germania dopo il 1989, sulla necessità delle storiografie nazionali di confrontarsi con il proprio passato, sul crescente peso dei meccanismi della produzione culturale e l’influenza in essi dei processi di transnazionalizzazione nella diffusione della comunicazione scientifica e nell’uso pubblico della storia.
Presiede la prima sessione, dedicata all’Ottocento tedesco, Lutz Klinkhammer e apre i lavori Costanza d’Elia (Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale) che espone alcune considerazioni di carattere metodologico sui paradigmi storiografici (opachi, valoriali, nazionali con particolare riferimento alla categoria di ‘nazionalismo metodologico’ di Ulrich Beck). Si mette in rilievo come la storiografia italiana sull’Ottocento tedesco degli ultimi anni non vanti numerose opere; si apre, quindi, la questione riguardo la “scomparsa dell’Ottocento” nel panorama degli studi di storia contemporanea. La studiosa suddivide la produzione italiana degli ultimi venticinque anni in alcuni grandi filoni d’indagine e approcci metodologici (di cui espone una breve rassegna bibliografica): i temi politici, soprattutto il liberalismo, la costruzione dello Stato, la storia costituzionale; i temi sociali, quali l’associazionismo e le borghesie; anche il taglio analitico che domina il nesso Stato-società; i temi di storia delle idee; e, in posizione minoritaria, la storia religiosa e della Chiesa. D’Elia conclude il suo intervento evidenziando le specificità delle due storiografie alla luce degli studi ottocenteschi.
Monica Cioli (Istituto Storico Germanico Roma) ripercorre inizialmente i temi chiave sull’Ottocento tedesco intorno ai quali è orbitato l’interesse della storiografia tedesca e inglese. Il suo intervento espone gli studi storici principali su sette macro-tematiche: guerra e gender; nazione e gender; guerra e memoria; memoria e nazione; simboli e rituali politici; monarchia; colonialismo; globalizzazione. La relatrice chiarisce come questi ambiti tematici siano spesso legati da una relazione reciproca e non trattati rigidamente nella loro unicità. Nella seconda parte della sua relazione introduce il cambiamento di paradigma storiografico del „deutscher Sonderweg“. Ripercorre a tal proposito alcuni passaggi del dibattito sul Bürgertum e sulla Bürgerlichkeit che hanno animato gli anni ’80 e ’90 del XX secolo. Citando le ricerche maggiori sul Vereinswesen, sulla civil society e sul Bund, Cioli espone brevemente il dibattito su centralismo (Staat) e federalismo (Bund) attraverso le interpretazioni di alcuni dei più importanti studiosi del tema, quali Schiera, Koselleck e Nipperdey. La relatrice richiama l’attenzione su come la storiografia abbia progressivamente evidenziato la capacità di resistenza dei singoli Länder – sia prima che dopo la fondazione dell’Impero – al dominio prussiano e il ruolo svolto dalle diverse tradizioni locali nei processi di unificazione e nazionalizzazione. Tali interpretazioni – con le analisi delle strutture costituzionali tedesche – avrebbero dunque portato all’elaborazione di un altro Sonderweg, basato su una civil society dinamica e su una reazione dei Länder alla prussianizzazione.
Gli interventi di questa prima sezione del convegno sono commentati da Christiane Liermann (Centro Italo-Tedesco Villa Vigoni) che riprende il discorso sulla “scomparsa dell’Ottocento” facendo emergere il paradosso per cui il XIX secolo sembra dileguarsi dal panorama storiografico proprio nel momento storico in cui lo Stato-nazione in Europa vive una rinascita politica e ideologica, figlia di una “Krise Europas”. Liermann riflette sulla questione della scarsità di lavori di taglio comparativo o dedicati alla storia religiosa dell’Ottocento tedesco. Si sottolinea una tendenza diversa nell’affrontare la storia dell’Ottocento nelle due storiografie: in Italia prevarrebbe una narrazione teleologica e in Germania sarebbe presente una visione più attenta alla storicizzazione. Liermann si sofferma su alcune tematiche della storiografia tedesca sull’Ottocento, quali il rapporto tra nazione e regione, quindi l’intreccio tra livelli nazionali e locali/regionali; il passaggio da una storia della guerra a una storia della violenza (nella violenza si può riconoscere il legame tra guerra, rivolte, ribellioni, crimini coloniali); la ‘città’ moderna come segno di un’epoca, come strumento indicatore per formulare delle periodizzazioni; riprende infine il tema della storia religiosa, per il quale ultimamente si riscontra un rinnovato interesse (tuttavia sul terreno delle ricerche comparate italo-tedesche questa tematica resta ancora inesplorata).
La seconda metà del pomeriggio è dedicata al “Novecento: La dittatura nazista”. Presiede Andrea D’Onofrio e vede come relatori i ricercatori Paolo Fonzi (Seconda Università di Napoli) e Camilla Poesio (Università Ca’ Foscari di Venezia).
La relazione di Paolo Fonzi – dal titolo “Su alcune recenti tendenze della storiografia sul nazionalsocialismo: Volksgemeinschaft, Täterforschung, Neue Staatlichkeit” – evidenzia gli elementi comuni di alcuni più recenti ambiti di ricerca della storiografia tedesca sul nazionalsocialismo. In particolar modo lo studioso incentra il suo intervento su tre concetti chiave che sarebbero emersi nel più recente dibattito storiografico quali la Volksgemeinschaft (al centro di “una nuova Meisterzählung” – spiega – dell’esperienza nazionalsocialista), la Täterforschung e la Neue Staatlichkeit. Nel ripercorrere le interpretazioni storiografiche che sono nate da questi tre ambiti di ricerca, Fonzi ritrova elementi comuni ai tre filoni interpretativi scelti sottolineando il loro continuo intrecciarsi. Egli sottolinea delle costanti nel rapporto tra una cultura della memoria e la storiografia e pone l’attenzione sulla Vergangenheitsbewältigung/-aufarbeitung. Infatti – nell’accuratezza della spiegazione – egli sottolinea il cambiamento di rotta della storiografia sul nazionalsocialismo degli ultimi due decenni, che vede al centro dell’azione l’individuo e una maggiore attenzione al “soggetto”; la messa in discussione di categorie politiche e sociologiche tradizionali; un’interpretazione della Germania nazista in cui emergerebbe un convergere attivo della società verso l’ideologia e la politica del regime, non letto più semplicemente come conseguenza dell’appeal del partito sulla società.
A Camilla Poesio spetta il compito di illustrare un primo bilancio sulla storiografia italiana su nazismo e Terzo Reich dopo il 1989. Nel suo intervento cita una serie di studi che hanno come focus centrale gli aspetti economici (Corni e il suo studio sulla politica agraria nel Terzo Reich; il lavoro del 2005 dello stesso autore sul programma di conquista dello ‘spazio vitale’ dopo il 1939 e il recente libro di Fonzi sul progetto postbellico di un nuovo ordine monetario), giuridici e culturali (sull’ideologia politica e giuridica nazista del Blut und Boden) che contribuiscono alla nascita del regime nazista; sulla figura di Hitler e di altre personalità. Poesio tende a precisare che si riscontra tuttavia una carenza di studi storici italiani sulla figura del dittatore – salvo alcune ricostruzioni (opere a carattere divulgativo più che veri contributi storiografici) – che tentino di mettere in relazione il contesto storico con alcuni aspetti della biografia di Hitler; ricorda inoltre il dibattito storiografico italiano nato dai contributi prestigiosi di Enzo Collotti e Giorgio Vaccarino tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta sulla resistenza al nazismo. Dopo il 1989 la resistenza, questa volta tedesca, torna a rappresentare un tema caldo. Tra gli studi dedicati all’argomento Poesio menziona il saggio di Dipper “La rivolta militare del 20 luglio. Il giudizio sulla resistenza al nazionalsocialismo nella Germania postbellica” (in L. Klinkhammer, C. Natoli, L. Rapone (a cura di), Dittature, opposizioni, resistenze. Italia fascista, Germania nazionalsocialista, Spagna franchista: storiografie a confronto, Unicopli, Milano, 2005) e il contributo di Casini “L’opposizione tedesca al nazismo e la politica inglese dell’absolute silence” (Giuffré, Milano, 2002). Per ultimo la studiosa tratta brevemente il filone di studi sulla violenza nazista, sulle politiche persecutorie, sull’antisemitismo, sulle deportazioni e sulle stragi di civili (nel 2008 viene istituita una commissione di storici italiani e tedeschi presieduta da Mariano Gabriele e Wolfgang Schieder, con il compito di esaminare la storia italo-tedesca durante la seconda guerra mondiale e in particolare quella degli internati militari italiani deportati in Germania dopo l’8 settembre, cfr. la relazione di Paolo Fonzi sul sito SISCALT: http://www.siscalt.it/ita/http:/www.siscalt.it/ita/relazione-finale-commissione-storica-italo-tedesca/ e il convegno organizzato dalla SISCALT e dal Consolato Generale di Germania di Napoli: http://www.siscalt.it/ita/http:/www.siscalt.it/ita/italia-e-germania-1943-1945-%E2%80%93-memorie-e-riconciliazione-rapporto-della-commissione-storica-italo-tedesca/ )
Apre la discussione il commento di Brunello Mantelli (Università degli Studi di Torino/ Università della Calabria), che riflette sulla capacità degli studiosi tedeschi di saper affrontare la questione nazionalsocialista da prospettive nuove. Pone la questione se le categorie descritte dalla nuova storiografia tedesca siano veramente così nuove come vengono proposte o non si rifacciano piuttosto ad approcci interpretativi di più lunga durata. I paradigmi storiografici sono elaborati già prima delle trasformazioni del 1989-1992 e s’impongono a livello storiografico generale dopo gli sviluppi internazionali del1989, in seguito a un lungo periodo di gestazione teorica e metodologica (soprattutto se ci si riferisce alla ricerca su nazionalsocialismo e alla storia dell’occupazione tedesca in Italia). Un altro aspetto che emerge dalla discussione è quello degli stereotipi sulla Germania legati al nazionalsocialismo, così come il ruolo svolto dalla divulgazione mass-mediatica in Italia (documentari televisivi con “obbligatori” riferimenti all’occultismo nazista) o le scelte editoriali di alcune case editrici (la ristampa della traduzione del libro di Goldhagen), che non raramente sembrano seguire strategie di audience o di marketing piuttosto che di rigore e qualità scientifica. .
La seconda giornata si apre con l’Assemblea dei soci SISCALT per un bilancio annuale delle attività svolte e per formulare proposte ed iniziative per l’anno che sta per aprirsi.
Il convegno continua, poi, con l’ultimo panel dedicato sempre al Novecento e il percorso della Germania Ovest nella democrazia. Fiammetta Balestracci modera la sessione e Gabriele D’Ottavio (Istituto Storico Italo-Germanico FBK Trento) sposta l’attenzione sulla storiografia tedesca dal secondo dopoguerra ad oggi nel suo intervento dal titolo “La storia della Repubblica federale come laboratorio storiografico”. Si sofferma sulle opere d’inquadramento generale sulla storia della Repubblica Federale Tedesca, delinea i tempi di maturazione della vicenda storiografica, la quantità e la qualità di quest’esperienza e sottolinea l’equilibrio tra i settori della ricerca. Il relatore cita i maggiori studi della Erfolgsgeschichte (la storiografia che interpreta questo periodo storico in chiave di successo) – che s’impone come paradigma dominante all’indomani della riunificazione tedesca – in contrapposizione al teorema del Sonderweg e a tutti quegli studi della kritische Geschichtsschreibung («storiografia critica»). All’interno di questo filone interpretativo si riscontrano due tipi di analisi differenti: la prima si sofferma principalmente sull’ordinamento politico-istituzionale emerso dalla «catastrofe», mettendo in luce il buon funzionamento della democrazia parlamentare di Bonn, la crescita economica, la pace e la sicurezza in seguito all’inclusione della RFT nell’ Alleanza Atlantica e nella Comunità Europea. La seconda cerca di illustrare i processi socio-culturali di modernizzazione, democratizzazione e individualizzazione della società tedesca occidentale (delinea così la differenza tra Stabilitätsgeschichte e Fundamentalliberalisierung, due impostazioni la dissonanza sarebbe da ritrovare soprattutto nel ruolo da attribuire al biennio 1968-1969). Egli evidenzia, infine, la capacità degli storici tedeschi di intenderela Repubblica Federale Tedesca come un “laboratorio storiografico”, in cui sperimentare nuove vie di ricerca, di analisi e di rinnovamento ormai da più di trent’anni, e il loro merito di riuscire a dedicare maggiore attenzione – più che gli storici italiani – alle dinamiche che intercorrono tra la dimensione interna e quella internazionale.
In seguito Marzia Ponso (Universität Luzern) propone una riflessione sulla ridefinizione del concetto di storia contemporanea da parte della storiografia tedesca e introduce la questione delle cesure che hanno segnato il percorso storico della Germania e il tentativo di concettualizzare le stesse. Riprende la periodizzazione di Schieder che individua quattro anni simbolici per la storia tedesca: il 1918, il 1933, il 1945 e il 1989; essi rappresenterebbero quattro momenti di rivolgimento in cui si evidenziano – nella rottura – ripetuti crolli sistemici (cesure storiche e discontinuità dei Selbstbilder). La relatrice cita – in apertura della sua relazione – la pluralità di approcci metodologici quali la Verfassungsgeschichte (a partire da Hintze e Brunner); la Sozialgeschichte della scuola di Bielefeld (guidata da Wehler e Kocka e nata sotto l’influsso della Strukturgeschichte di Brunner e Conze); la Begriffsgeschichte (Reinhart Koselleck); la Kulturgeschichte; la Globalgeschichte. Dopo il 1989 gli storici tedeschi riprendono il discorso sulla periodizzazione e ridefinizione concettuale della Zeitgeschichte (la questione soprattutto dell’integrazione della DDR nella narrazione, per una storia che sia gesamtdeutsch, tedesca in senso unitario) e della Erinnerungskultur (di cui si richiamano soprattutto gli aspetti metodologici). In riferimento alle elaborazioni sulla memoria Ponso ricollega il suo discorso al tema del Sonderweg tedesco in un’accezione diversa da quella consueta, ossia come “eziologia del nazionalsocialismo”. La peculiarità tedesca quindi si basa sulla convivenza di due “anime” nella sua cultura politica contemporanea: una legata alla riflessione sulla Zivilgesellschaft e l’altra al “tema dello Stato nell’affermazione del carattere irrinunciabile della statualità”; una polarità – questa – che emerge anche nella storiografia sulla Erinnerungskultur (per citare soltanto alcuni filoni: il lavoro sulla memoria da una parte e la letteratura sui processi dall’altra).
A Stefano Cavazza (Università degli Studi di Bologna) il compito di commentare gli interventi di questa ultima sezione. Egli riscontra a livello storiografico – dopo il 1945 – una maggiore capacità di teorizzazione in Germania rispetto all’Italia. Una parte della storiografia italiana tenderebbe ad affrontare la storia italiana come un unicum e a sottolineare gli elementi di continuità – più che quelli di rottura – della storia nazionale. Osserva che nella periodizzazione della Zeitgeschichte è necessario confrontarsi con una storia di lungo periodo e focalizza il suo intervento su quattro macro-questioni: il problema del ricongiungimento delle due memorie (della RFT e della DDR) in un una memoria nazionale; il problema della reintegrazione nel ricongiungimento; la memoria dello stalinisimo e dell’Olocausto (sulla questione della ridefinizione della categoria ‘genocidio’ non applicabile soltanto al caso ebraico); il tema dell’identità nazionale e postnazionale della Germania e il tema del Verfassungspatriottismus. La discussione che segue sottolinea anche l’importanza di un collegamento – nel dibattito storiografico – tra un prima e un dopo e quindi un confronto tra i dibattiti storiografici passati e quelli presenti. Spesso – in questo confronto – si rilevano continuità dove prima erano state evidenziate fratture e viceversa, in un cortocircuito che stravolge il terreno delle periodizzazioni “classiche”. In conclusione si pone l’accento su una costante che emerge dalle relazioni e cioè un ripensamento sulle “nuove” periodizzazioni e sulla ricerca di rinnovati modelli interpretativi.
Chiudono i lavori le riflessioni finali di Christof Dipper (Universität Darmstadt) e Paolo Pombeni (Università degli Studi di Bologna/Istituto Storico Italo-Germanico FBK Trento). Il primo critica la tesi del Sonderweg proponendo un’ applicazione del concetto di “modernità multiple” per l’Europa. Per Dipper si riscontrano in Italia e in Germania differenze che derivano da aspetti peculiari dei due percorsi storici nazionali nel XIX Secolo. Per citarne alcune:
- in Italia è presente una continuità delle élite politiche dopo l’8 settembre. Nella Germania sconfitta avviene una distruzione completa delle vecchie élite nobiliari, militari e ministeriali (Zusammenbruchgesellschaft);
- per l’Italia si riscontra un state-building senza nazione, in Germania avviene esattamente il contrario.
Dipper propone di guardare, quindi, alla storia dei due paesi come due percorsi paralleli caratterizzati da molte somiglianze ma, contemporaneamente, da determinate differenze. Pombeni sottolinea l’importanza della storia comparata e ritorna sul modello del Sonderweg, riscontra lo sforzo maggiore della storiografia tedesca di teorizzare rispetto all’Italia portando ad esempio lo sviluppo della Begriffsgeschichte in Germania, della Conceptual History di area anglosassone e dell’assoluta mancanza di un filone di studi simile in Italia. Si è quindi – secondo Pombeni – importato molto da oltralpe ed esportato molto poco.
La conferenza ha rappresentato un’ulteriore significativa occasione per arricchire lo scambio scientifico tra i due paesi, si è conclusa con un dibattito ricco di spunti di riflessione e il bilancio può considerarsi decisamente positivo
Laura Di Fabio
Università degli studi di Roma “Tor Vergata”
Westfälische Wilhelms-Universität (WWU) Münster
Dottorato in Storia politica, economica e sociale dell’Europa in età contemporanea